6 Poems
Written in Italian by Andrea Gibellini
Il paradiso terreno
Sarà uno dei nostri ultimi giri,
uno degli ultimi viaggi dentro al tuo paradiso terreno,
ora, in questa mattinata gelida e così reale
dell’inverno combattuto.
Il viaggio è stato più lungo del solito.
Alle estati abbiamo sostituito chissà cosa,
alle noncuranze il secco greto dei furenti anni.
Noi due aguirre nel tuo verde iride lucente
abbiamo attraversato dove tutto pare inesplorato
verso il lago appuntito come ai primordi
e quindi intorno al midollo verdastro di respiro cupo.
E’, pensavo, il tuo cerchio magico
quello che sarà e mai sarà stato.
Nota: «aguirre» è il personaggio interpretato da Klaus Kinski
nel film di Werner Herzog ‘Aguirre furore di Dio’.
***
Weimar
Qui le nuvole sull’autostrada in direzione Turingia,
coprono campi laghi luoghi
i lunghi flessibili alberi di possibili foreste nere.
Il parco è spettro di epoche remote e
improbabili: l’ex DDR vive di lunghe
passeggiate dentro minareti di piccoli boschi.
Nomi intravedo che non voglio vedere.
Recinti.
Tornare a casa prima della fine
qualcuno in silenzio avrà detto.
La natura è matura per essere
tagliata in quadrati perfetti.
E oggi prego affinchè
l’imperfezione mi sia per sempre amica.
***
Nel giardino
Nel giardino davanti alla finestra
qualcuno ha aperto l’acqua in
un momento di silenzio intatto.
Il rumore violento del trapano
ha smesso di perforare la
parete di una casa.
La bufera ha scoperchiato
alcuni tetti, ha divelto gli alberi.
Automezzi di soccorso, quando la
luce è tornata e il cielo è ritornato
chiaro, hanno ripulito la strada da
rami, cartacce, tronchi. Alcuni alberi
hanno distrutto macchine, altri
si sono rovesciati all’indietro colpendo
vitigni, zone d’ombra.
***
Idillio
Al mattino
sul terrazzo luccicato dal sole
sulla ringhiera nera bagnata
dall’acqua
hanno costruito la tana-rifugio.
L’ho scoperto casualmente rimuovendo
le merde secche, rarefatte del cane
che alla notte dal caldo ha preferito
farla in balcone al fresco del sole
tiepido di molte lune.
Nei giorni d’estate
le vespe
quando il caldo colora
a calce ogni cosa,
impazziscono, sentono il nemico.
Di notte, invece, assonnate
sostano timorose nei buchi
di terracotta e temono il
freddo: d’inverno spariscono
lasciando intatta la casa.
Formiche e insetti fanno rumore,
argentini silenzi sospesi di paura
e di niente,
e per loro non provo
nessuna pietà. Le punte dei rami
come aghi incidono l’aria e oggi mi sono
sempre più nemiche. Ho in mano
un prodotto che può sterminarle
risucchiandole finalmente
in un eterno vuoto di veleno.
Non disturbano si muovono con
velocità ma non
entrano non mettono
in subbuglio i miei occhi che
guardano sempre con impazienza la natura.
***
La corriera blu
La corriera blu trasportava
i ragazzi verso l’acquario dove
oggi sorgono i tanti simboli della notte.
La piscina distava nell’inverno
non molto lontano da casa e il freddo
quello novembrino, dell’autunno,
restava intatto nelle foglie dell’ippocastano
vicino, di fianco, alla scuola già
diroccata come coperta di fulmini
da un temporale della notte. Non
sapevo nuotare, imparai nel mezzo dell’abisso
in un mare ostile che non volevo vedere.
Da dietro le vetrate il cloro circondava
d’azzurro ogni cosa stordiva entro gli occhi
soffiava mitemente era un vapore
dell’addio, una stanza finalmente di una casa.
***
Dove ogni cosa
Qui e dove ogni cosa
appare ed è più vera di ogni vero
tra gli alberi e l’erba e il fieno rinsecchito
dal sole in un paesaggio di talpe, di buchi
di mucchietti di terra dove un rivo d’acqua annuncia letame e fango
nelle pupille folgorate dal buio. Qui è il silenzio
dei grilli, il cerchio nero di un fuoco spento
una sottile barriera metallica
(una protezione arrugginita, nera)
stringe ancora il rettangolo del tennis. Larghi squarci
fanno trapassare innocuo il sole —
poi stamattina è fosco di nubi basse, minacciose, distanti
in un sentore di diffuso clamore
come dopo una battaglia.
Là in fondo c’è il campo da basket semisommerso
da una giungla precoce sedie bianche
e il cemento del tennis conquistava la visione di un viola intenso
in un fuggevole andirivieni di ospiti inattesi.
Le edere scarlatte si sono attorcigliate fedeli ai reticolati
le erbe matte, quelle selvagge, quelle che pungono,
hanno ricostruito il loro ambiente inalterato
in un idillio senza pace dove sotto tutto si increspa.
Sottile tra i rami come un occhio di luce preso dal sole
un rumore di spago inavvertito o un frusciare
non più domestico nell’erba, ogni cosa è muta
ma parlando più di ogni altro dire
tornano da un’aldilà remoto una paura
di colori mai visti.
Perchè tutto arrivi a giusta perfezione
mancano lamine sbrecciate
lo scintillio delle lamiere piegate
(tu che ami la bellezza che non c’è)
e nascosti battiti di ciglia —
il duro sentire dell’amore degli altri.
Published November 21, 2024
© Andrea Gibellini
The Earthly Paradise
It’ll be one of our last strolls,
one of the last trips in your earthly paradise
now, on this freezing morning, so real
in this hard-fought winter.
The journey took longer than usual.
For the summers, we substituted goodness knows what,
and for indifference the dry riverbed of angry years.
Aguirre reflected in your shining green iris,
you and I crossed where everything seems unexplored
towards a pointed lake in the beginnings of time
and then around the dark breath of greenish pith.
It is, I thought, your magic circle
that will be and never was.
Note: «aguirre» is the name of the character played by Klaus Kinski in Aguirre, the Wrath of God a film by Werner Herzog
***
Weimar
Here the clouds over the motorway to Thuringia
cover the fields, lakes and locales,
the long flexible trees of possible Black Forests.
The park is a ghost of remote and
improbable eras: the ex-GDR lives on in long
walks inside the minarets of small woods.
I glimpse names I do not want to see.
Barbed wire compounds.
Go home in silence
before the end someone would say.
Nature is ready to be
cut into perfect squares.
And today I pray that
imperfection will always be my friend.
***
In the Garden
In the garden by the window
somebody turned the tap on
in a moment of pure silence.
The violent noise of a drill
stopped making a hole
in the wall of a house.
The storm lifted off several
roofs, uprooted trees.
Emergency vehicles, when it
was light again and the sky cleared,
cleaned the road of
branches, waste paper, trunks. Several trees
destroyed cars, others
tipped over backwards hitting
vines and areas of shade.
***
Idyll
In the morning
on the terrace glistening in the sun
on the black railing drenched
with water
they constructed the hideout-nest.
I discovered it by chance removing
a dry scab of shit the dog left on
the balcony, preferring to do it in the heat of night
in the open air and tepid
sun of many moons.
In the summer days
when the heat paints
everything lime white,
the wasps go crazy, sensing the enemy.
At night, on the other hand, full of sleep,
they remain fearful in their terracotta
holes and fear the
cold: in winter they disappear
leaving the house undisturbed.
Ants and insects make noise,
silvery silences suspended in fear
and nothingness,
and I feel absolutely
no pity for them. Ends of branches
sharp as needles cut into the air and today they are
even more hostile to me. In my hand
I have a product that can exterminate them,
finally swirling them away
in an eternity void of poison.
They do not disturb, they move with
speed but do not enter,
or send my eyes
crazy, these eyes
that always look on nature with such impatience.
***
The Blue Bus
The blue bus transported
boys to the aquarium where
today the many symbols of night appear.
The swimming pool in winter was not
very far from home and that autumnal Novemberish
cold was undisturbed in the leaves
of the nearby horse chestnut
to one side of the school that was already
split as if hit by lightning
in a nocturnal storm. I could
not swim and learned in the midst of the depths
in a hostile sea I did not wish to see.
Behind the windows the chlorine swam
in the blue, everything dull in the eyes,
an air of goodbye that blew gently, finally
in the room of a house.
***
Where Everything
Here is where everything
appears more truthful than any truth
between the trees and grass and sun-dried hay
in a landscape of moles, of holes
and little mounds of earth where a stream of water brings mud and manure
to pupils blinded by the dark. Here is the silence
of crickets, the dark circle of a spent fire,
a slender metal barrier
(a rusting black defence)
still holds the tennis court’s rectangle. Whole gaps
innocently let in the sun –
but this morning it’s overcast; low threatening cloud in the distance,
a feeling of clamour lingering in the air
as after a battle.
Right at the bottom there’s the basketball court half submerged by precocious jungle, white seats
and cement of the tennis court that dominated the vision with an intense violet
in a fleeting coming and going of unexpected guests.
Scarlet creeper’s wound faithfully around the fences,
the crazy grasses – the wild ones – the ones that sting,
have constructed an undisturbed environment
in an idyll where there’s no peace, where everything curls under everything.
Gently among the branches, slender as an eye of light caught by the sun,
an unintentional noise of string or the no longer domestic
rustle in the grass, everything is deadened
but, speaking greater than any other speech,
they return from a remote after-life, a fear
of colours never seen.
So that everything can achieve the right perfection,
gaps are missing in the sheeting,
the glitter of sheet metal bent
(you who love a beauty that’s not there)
and hidden flutters of eyelashes –
the harsh feel of others’ love.
Published November 21, 2024
© Andrea Gibellini
© N. S. Thompson
El Paraíso terrestre
Será uno de nuestros últimos paseos,
uno de los últimos viajes en tu paraíso terreno,
ahora, en esta mañana helada y tan real
del invierno combatido.
El viaje fue más largo que de costumbre.
A los veranos los hemos reemplazado con quién sabe qué cosa,
a los descuidos con el seco arenal de los furibundos años.
Nosotros dos Agüirres en tu verde iris resplandeciente
hemos atravesado adonde todo parece inexplorado
hacia el lago puntiagudo como en los comienzos.
Y entonces alrededor de la médula verdosa de respiración sombría.
Y pensaba, en tu círculo mágico
aquello que será y que nunca habrá sido.
Nota: “Agüirre” es el personaje interpretado por Klaus Kinski en la película de Werner Herzog “Agüirre
furor de Dios”.
***
Weimar
Aquí las nubes en la autopista dirección Turingia
cubren campos lagos lugares
los largos flexibles árboles de posibles bosques negros.
El parque es espectro de épocas remotas e
improbables: la ex DDR vive de largos
paseos dentro de minaretes de pequeños bosques.
Nombres entreveo que no quiero ver.
Recintos.
“Regresar a casa antes del final”
alguien en silencio habrá dicho.
La naturaleza está madura para ser
cortada en cuadrados perfectos.
Y hoy rezo para que
la imperfección me sea siempre amiga.
***
En el jardín
En el jardín frente a la ventana
alguien abrió el agua en
un momento de silencio intacto.
El ruido violento del taladro
ha dejado de perforar la
pared de una casa.
La borrasca destapó
algunos techos, arrancó los árboles.
Vehículos de rescate, cuando la
luz regresó y el cielo volvió a hacerse
claro, volvieron a limpiar la calle de
ramas, papeles de desecho, troncos. Algunos árboles
han destruido coches, otros
se voltearon hacia atrás golpeando
viñedos, zonas de sombra.
***
Idilio
En la mañana
en la terraza resplandeciente de sol
sobre la reja negra mojada
de agua
construyeron la cueva-refugio.
Lo descubrí por casualidad removiendo
las mierdas secas, enrarecidas de perro
que a la noche prefirió
el balcón y el fresco del sol
tibio de muchas lunas.
En los días de verano
las avispas
cuando el calor pinta
con cal, cada cosa,
enloquecen, sienten el enemigo.
En la noche, en cambio, soñolientas
se detienen temerosas en los huecos
de terracota y temen el
frío: en invierno desaparecen
dejando intacta la casa.
Hormigas e insectos hacen ruido
argentinos silencios suspendidos de miedo
y de nada,
y por ellos no siento
ninguna piedad. Las puntas de las ramas
como agujas cortan el aire y hoy son
cada vez más mis enemigas. Tengo en la mano
un producto que las puede exterminar
succionándolas finalmente
en un eterno vacío de veneno.
No molestan se mueven con
velocidad pero no
entran no alborotan
mis ojos que
miran siempre con impaciencia la naturaleza.
***
La diligencia azul
La diligencia azul transportaba
los muchachos hacia el acuario donde
hoy surgen los muchos símbolos de la noche.
La piscina quedaba en el invierno
no muy lejos de casa y el frío
de noviembre, del otoño
se quedaba intacto en las hojas del hipocastaño
al lado de la escuela ya
derruida cubierta de relámpagos
de una tormenta de la noche. No
sabía nadar, aprendí en medio del abismo
en un mar hostil que no quería ver.
Detrás de los vitrales el cloro rodeaba
de azul cada cosa aturdía los ojos por dentro
soplaba suavemente, era un vapor
del adiós, un cuarto finalmente de una casa.
***
Donde cada cosa
Aquí donde cada cosa
aparece y es más verdadera que cualquier cosa verdadera
entre los árboles y la hierba y el hieno reseco
por el sol en un paisaje de topos, de huecos
de montículos de tierra, una fuente de agua anuncia estiércol y fango
en las pupilas fulguradas por la oscuridad. Aquí es el silencio
de los grillos, el círculo negro de un fuego apagado
una delgada barrera metálica
-una protección oxidada, negra-
aprieta todavía el rectángulo del tenis. Anchos desgarros
hacen traspasar inocuo el sol-
esta mañana opaca de nubes bajas, amenazantes, distantes
una sensación de difuso clamor
como después de una batalla.
Allá al fondo está el campo de basket semisumergido
por una jungla precoz, sillas blancas
y el cemento del tenis conquistaba la visión de un morado intenso
en un huidizo ir y venir de huéspedes inesperados.
Las hiedras escarlatas se enredaron fieles a las retículas
las hierbas locas, aquellas salvajes, esas que pinchan,
han reconstruido su ambiente inalterado
en un idilio sin paz y aún debajo todo se enreda
Delgado entre las ramas como un ojo de luz tomado por el sol
un ruido de cordel inadvertido o un crujido
no más doméstico en la hierba, cada cosa está muda
pero habla más que cualquier decir
regresa come de un más allá remoto un miedo
de colores nunca vistos.
Para que todo llegue a justa perfección
faltan láminas desbaratadas
el centelleo de las chapas dobladas
(tú que amas la belleza que no está)
y escondidos latidos de pestañas-
el duro sentir del amor de los otros.
Published November 21, 2024
© Andrea Gibellini
© Gina Saraceni
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