The woman who was once caught by the air raid siren while she was taking a bath was most afraid of dying like that—without her panties, naked, with wet hair and hairy legs;

afraid that the first responders who would pull her from the rubble would see her white body with cellulite prominent on her thighs and a soft, sagging belly she learned to pull in with corrective underwear and think, “Who prepares for death like that? She could’ve at least lost a few pounds and worked out for a few months”;

afraid that her neighbors who’d be lucky enough to survive would stand next to the ruins and discuss her chipped manicure and grown-out gray roots, and the old woman who’d always talked behind her back with froth at her mouth when she, happy and tipsy, fluttered out of the black car and waved goodbye to the driver, would say, “Couldn’t she give some thought to how she’d look in the other world? My dear Irochka would’ve never made such a mess of herself, may her soul rest in peace.”

The woman was so desperately afraid of death that she made sure to put on the most expensive, laciest lingerie and the most festive clothes whenever she went out. But taking a bath with clothes on was stupid, to say the very least. That’s why bathing became an inaccessible luxury for her. Only a quick, two-minute shower. Hot shower, bless the water heater. But what could you do in two minutes? It was too little time for her body to warm up and thaw.

And on the day when she finally gave up and got into a bathtub full of foam smelling like the ocean, tropical fruit, and all the fucked-up vacations, her hatred splashed on the floor and trickled to her neighbors downstairs, eating through tiles and concrete.

But the woman who had always been so scared of dying like that—without her panties, naked, with wet hair and hairy legs, no longer cared about it

she had no fear anymore.

***

The woman, who ran out of her house to get milk, no longer had a home to return to. 

Leaving the ATB supermarket, she felt the earth shaking. She was knocked down to the ground, squashing a carton of milk and a bun to go with her coffee. Broken glass rained on her, and she instinctively covered her head with her hands. She did not feel the tiny shards cutting through her skin. The air raid siren blared, car horns screamed. Blood dripped on her temple and trickled down her cheek. A pool of milk spread from under her coat. The woman waited for a few minutes, jumped to her feet, and then ran.

Smoke rose above her apartment block. She ran toward it so fast, as if she could rescue it. Blood was streaming down her face, blood rushing in her ears. 

She had almost reached her destination when a man in black stopped her. The woman tried to break free, but he wrapped his arms tightly around her.  

“Do you have someone there?” he shouted into her ear.

The woman suddenly went all limp, her body sagging in the arms of the stranger in black. He could not hold her upright, and they both collapsed on the ground. 

“I don’t,” the woman whispered, blood smeared on her lips. “I don’t have anyone there.”

For the first time in her life, the lonely woman was glad she had no one.

***

The woman who buried her son in a vegetable patch made a cross for him from two pine planks bound together with wire. Her son had bought those planks to fix their house up in spring. But the war broke out, and for some people, spring never arrived.

Her son died instantly. The woman could barely register that.

The first two shells fell somewhere farther away. But a fragment of the third one killed her son as they were running from the summer kitchen toward the cellar. The woman collapsed next to him. She could not even scream. She only groaned, as if she was the one wounded, and scratched the frozen ground with her nails.

When the sounds of explosions grew distant, she rose to her knees, leaning heavily on her arms. She looked at her son. Half of his head was missing. The woman crawled toward the kitchen wall and, pressing her back to it, started to bang her head—the head she still had—against the bricks. She was not crying, only gasping and groaning. Her headscarf slipped off, and her white hair was soon dyed with blood. A neighbor who shuffled into her yard half an hour later thought she’d suffered a head injury.

The woman could bury her son only after the ground thawed. It took her a few days to dig a grave, which was not even that deep. She wrapped his body into plastic film her son had bought to cover the greenhouse. He was an atheist, but she made a cross for him, anyway, a thick stiff wire ripping the skin off her fingers. She used the same wire to attach a rusty metal plate to the cross where she wrote her son’s name and dates of birth and death with a piece of chalk.

The woman was spending the night in the cellar when she felt a pain in her chest. She never walked outside in the morning.

Several days later, the rain washed away the inscription on the plate. The cross was left standing nameless.

La donna che l’allarme aereo aveva colto di sorpresa nella vasca da bagno si ritrovò preda di una gran paura di morire così: senza le mutande, nuda, con la testa bagnata e le gambe non depilate. 

Il suo corpo era pallido per colpa di anni di lavoro infernale, senza vacanze al mare. Aveva cellulite evidente sui fianchi e la pancia floscia, che si ingegnava a nascondere con le panciere. Guardava il proprio corpo e immaginava cosa avrebbero detto i soccorritori estraendola dalle macerie: “Ma che modo è di prepararsi alla morte? Avrebbe potuto almeno dimagrire un po’, e fare qualche mese di palestra, suvvia!”

Temeva che i suoi vicini – quelli che avrebbero avuto la fortuna di sopravvivere – standosene in piedi accanto alle rovine si sarebbero messi a sparlare delle sue unghie dallo smalto screpolato o della ricrescita dei capelli grigi.

La solita vecchietta che sputava veleno ogni qualvolta la vedeva leggiadra, felice e anche un po’ brilla, scivolare fuori dalla grossa macchina nera e salutare l’uomo al volante con un cenno della mano, avrebbe detto: “Non è stata nemmeno in grado di prevedere come si presenterà nell’aldilà? La mia cara Iryna, buonanima, non si sarebbe mai permessa una indecenza del genere!”

La donna temeva disperatamente la morte, per questo quando usciva di casa si agghindava sempre a festa e indossava la biancheria più vezzosa. Ma fare il bagno vestita era davvero una idiozia. Per cui, niente vasca da bagno: sarebbe stato un lusso inarrivabile. Riusciva a fare solo la doccia, rapidissima e calda, e meno male che la caldaia funzionava ancora. Se hai solo due minuti, cosa riesci a fare? Il corpo non fa in tempo nemmeno a scaldarsi e a rilassarsi. 

Poi era arrivato il giorno in cui lei, finalmente, si era arresa e si era immersa nella vasca con la schiuma che profumava di oceano, di frutti tropicali e di tutte le vacanze mancate di una vita intera. Il suo odio si era riversato sul pavimento, sciogliendo le piastrelle e il cemento, e aveva cominciato a colare al piano di sotto. 

Alla donna che da sempre temeva di morire nuda, senza le mutande, con i capelli bagnati e le gambe non depilate, finalmente non importava niente.

Ormai, non temeva più nulla.

***

La donna, che la mattina era andata a fare un salto al supermercato a prendere il latte, non aveva più un posto dove tornare.

Quando era uscita dal negozio ATB la terra aveva sussultato. La donna era caduta di peso sul marciapiede, schiacciando il cartone del latte e la brioche per il caffè. Dall’alto piovevano vetri. La donna si era istintivamente coperta la testa con le mani, non sentiva le schegge affilate pungerle la pelle. Ululava la sirena, impazzivano gli antifurto delle macchine, il sangue le gocciolava dalla tempia scendendo sulla guancia, il latte colava da sotto la falda del cappotto. La donna aveva atteso qualche minuto e si era messa a correre.

Davanti a lei, fumava il suo palazzo. Lei correva in quella direzione come se potesse salvarlo. Il sangue scendeva sul volto, il sangue le pulsava nella testa.

Quando stava per raggiungere la meta, un uomo vestito di nero l’aveva bloccata. La donna aveva cercato di liberarsi, ma lui l’aveva stretta forte fra le braccia.

«Hai qualcuno, lì dentro?» le aveva gridato all’orecchio.

La donna si era accasciata di colpo tra le braccia dell’uomo sconosciuto. Lui non era riuscito a sorreggerla e si erano rovesciati per terra insieme.

«Nessuno», aveva bisbigliato la donna strofinandosi le labbra, sporche di sangue. «Non ho nessuno, lì.»

Per la prima volta in vita sua, la donna sola si era rallegrata di non avere nessuno.

***

La donna che seppellì suo figlio nell’orto gli pose sopra una croce fatta con due assi di pino legate con del filo. Le aveva comprate lui stesso per riparare la casa in primavera, ma iniziò la guerra e la primavera arrivò, ma non per tutti.

Il figlio morì sul colpo, la donna non si rese conto nemmeno di cosa fosse successo.

I primi due proiettili erano caduti da qualche parte lontano, una scheggia del terzo trafisse suo figlio mentre correvano dalla cucina estiva alla cantina. La donna gli cadde accanto. Non riuscì nemmeno a urlare, si limitò a gemere come se fosse lei a essere ferita, e grattò il terreno ghiacciato con le unghie.

Quando le esplosioni si allontanarono, lei, aiutandosi a fatica con le mani, si inginocchiò. Guardò suo figlio: non aveva più la metà del cranio. La donna strisciò verso il muro della cucina, vi si appoggiò con la schiena e cominciò a battere la testa, ancora tutta intera, contro I mattoni. Non piangeva, solo ansimava e gemeva. Il fazzoletto scivolò e presto i suoi capelli grigi si macchiarono di sangue. La vicina che, arrancando, arrivò una mezzora dopo, pensò che fosse stata ferita alla testa.

La donna poté seppellire suo figlio solo quando il terreno si scongelò. Per scavare la fossa, poco profonda, dovette faticare diversi giorni. Aveva avvolto il corpo nella pellicola che suo figlio aveva comprato per la serra. Lui era ateo, ma lei gli fece comunque una croce, lacerandosi la pelle delle dita con un filo spesso e rigido. Usò lo stesso filo per attaccare una targhetta di metallo arrugginito, su cui aveva scritto con il gesso nome, cognome, patronimico, data di nascita e data di morte.

Di notte, in cantina, la donna sentì una fitta al cuore. La mattina dopo non uscì.

Pochi giorni dopo, la pioggia lavò via la scritta. La croce rimase senza nome.

La femme, qui a été surprise une fois par l’alerte aérienne, alors qu’elle était dans la salle de bain, avait le plus peur de mourir ainsi : sans culotte, nue, les cheveux mouillés et les jambes non rasées.

Elle avait peur que les sauveteurs qui la sortiraient des décombres voient son corps pâle (plusieurs années sans vacances ni bord de mer à cause d’un travail infernal), avec de la cellulite sur les cuisses et un petit ventre mou qu’elle avait appris à cacher grâce à la lingerie gainante, et se disent : « Drôle de façon de se préparer à la mort, elle aurait pu maigrir un peu et passer quelques mois dans une salle de sport. »

Elle avait peur que les voisins, qui auraient la chance de survivre, se tiennent près des ruines et commentent sa manucure défraichie et ses racines blanches, tandis que la petite vieille qui lui crachait dessus quand elle s’échappait, heureuse et un peu ivre, de la grande voiture noire, faisant un petit adieu d’un mouvement léger de ses doigts au chauffeur, dise : « Pourquoi ne pas avoir réfléchi à comment se présenter dans l’au-delà ? Ma petite Irina n’aurait jamais commis un tel impair, paix à son âme. »

La femme avait terriblement peur de la mort, c’est pourquoi elle mettait toujours, quand elle sortait, la lingerie la plus fine et la plus chère ainsi que les meilleurs vêtements. Mais prendre son bain tout habillée lui paraissait au minimum stupide. C’est pourquoi le bain est devenu pour elle un luxe inaccessible, remplacé par une douche rapide de deux minutes. Grâce au chauffe-eau, une douche bien chaude. Mais qu’est-ce qu’on peut faire en deux minutes ? Même le corps n’a pas le temps de se réchauffer ni de se détendre. 

Et le jour où, pour la première fois, elle a cédé et s’est glissée dans un bain avec de la mousse qui sentait l’océan, les fruits exotiques et toutes les putains de vacances, sa haine s’est déversée au sol pour couler chez les voisins d’en-bas, rongeant le carrelage et le béton.

Mais la femme qui a toujours eu peur de mourir ainsi, sans culotte, nue, les cheveux mouillés et les jambes non rasées, n’en avait cure.

Parce qu’elle n’avait plus peur de rien.

***

La femme, qui est allée en vitesse au supermarché pour acheter du lait, n’avait plus où revenir.

Quand elle est sortie de l’ATB, la terre a tremblé. La femme est tombée lourdement sur le trottoir, écrasant le lait et les brioches pour le café. Elle a reçu une pluie d’éclats de verre, et elle a protégé instinctivement sa tête, sans ressentir comment les minuscules morceaux dardaient sa peau. La sirène hurlait, les anti-vols des voitures se déchainaient. Le sang gouttait sur sa tempe et coulait sur sa joue, le lait sous le manteau se répandait. La femme a attendu quelques minutes et s’est mise à courir.

Sa maison fumait. Elle accourait, comme si elle pouvait la sauver. Le sang coulait sur son visage, le sang pulsait dans sa tête.

« Vous avez quelqu’un là-bas ? », on lui a crié à l’oreille.

La femme s’est effondrée, pendue aux bras d’un inconnu. Il l’a retenue et ils sont tombés tous les deux.

« Personne, a-t-elle murmuré, en essuyant le sang sur ses lèvres. – Je n’ai personne là-bas. »     

Pour la première fois de sa vie, la femme s’est réjouie de n’avoir personne.

***

La femme a enterré son fils dans son potager. Elle lui a mis une croix fabriquée de deux planches de pin reliées par un fil de fer. Les planches ont été achetées par son fils pour faire les travaux dans la maison au printemps, mais la guerre a commencé et personne n’a pas vu le printemps venir.

Le fils est mort sur le coup, la femme n’a eu le temps de rien comprendre.

Les deux premiers obus sont tombés quelque part au loin, alors qu’un éclat du troisième a fauché son fils quand il courait de la cuisine d’été vers la cave. La femme est tombée à ses côtés. Elle ne pouvait même pas crier, ne faisant que gémir, comme si c’était elle qui était blessée. Ses ongles grattaient la terre gelée. 

Quand les explosions se sont éloignées, elle s’est mise à genoux, lourdement appuyée sur ses mains. Elle a regardé son fils. Il lui manquait la moitié de la tête. La femme a rampé jusqu’au mur de la cuisine, s’est adossée et s’est mise à taper la tête qu’elle avait toujours, elle, contre les briques. Elle ne pleurait pas. Elle ne faisait que râler et gémir. Son foulard a glissé et bientôt ses cheveux blancs se sont teints de rouge. La voisine, qui a claudiqué jusqu’à elle une demi-heure plus tard, a pensé que la femme était blessée à la tête.

La femme a pu enterrer son fils quand la terre n’était plus gelée. Elle a mis plusieurs jours à creuser une tombe peu profonde. Elle a enveloppé le corps dans le film plastique que son fils avait acheté pour la serre. Son fils ne croyait pas en Dieu, mais elle lui a fabriqué une croix, en s’écorchant les doigts à un fil de fer épais qui refusait de plier. Elle s’en est aussi servi pour fixer une vieille plaque rouillée, sur laquelle elle a écrit à la craie le prénom, le nom, le patronyme, la date de naissance, la date de la mort.

La nuit, la femme a ressenti une douleur dans le cœur. Le matin, elle n’est pas sortie.

Quelques jours plus tard, la pluie a effacé l’inscription. La croix est devenue anonyme.