Il mezzogiorno from Ore del giorno. 7 gennaio
Written in Italian by Vanni Bianconi
Asia Minore. Ma è la Misia, è il civico
sbagliato, sono al 6 di Rue Appert
(Nicolas, longevissimo inventore
delle conserve alimentari ermetiche).
Regna Telefo qui, sposo di Iera,
si dice fosse più bella di Elena,
che per questo l’Iliade non ne parla
(ma tante fonti lo dicono: i greci
sbarcati lì per sbaglio l’hanno invasa,
il re è ferito, e guarito, da Achille).
Sparano un colpo al 6, che sono archivi
e al 10 erano ancora tutti vivi.
Il primo a morire è Protesilao.
Di nuovo una questione di indirizzo,
era il suo primo giorno in quell’immobile,
si è alzato presto, viveva lontano
da Paris, arrivarci un lungo viaggio;
gli han chiesto a che piano è Troia. Non so,
avrà risposto l’impiegato, addetto
alla manutenzione, non custode
(le fonti differiscono al riguardo),
il collega l’ha preso tra le braccia
quando è caduto e l’ha portato in salvo
nell’ufficio lì dietro ma per niente.
La sua era la casa delle correnti
d’aria, dice uno del paese: porte
sempre aperte. La multinazionale
ha proposto un minuto di silenzio,
420.000 impiegati
ti danno 7.000 ore, quasi
un anno di silenzio e uguale a niente
(han fatto scena muta i portinai?
Squillavano i telefoni o qualcuno
alzata la cornetta respirava?);
suo fratello Podacre ha da ridire
che è come secondario tra le vittime.
Qualche anno fa ha messo in fuga due tizi
che gli volevano rubare il camion,
non è che una simmetria tra le tante;
al villaggio dipingono un cartello
«A notre Fredo» dice, «A notre Fredo».
Come il firmamento taciturno di insetti
luminoso nel sole basso mattutino
fa gravitare le rondini attorno a sé come pianeti
con battiti di piccoli cuori, di ali
aguzze e becchi: stridono le sfere
stringono il cerchio ingoiano il centro
e infilano la tangente dentro il muro.
In quel momento appare sulle scale
una donna che esce dal giornale
sotto assedio e che ha con sé la chiave,
era scesa per prendere sua figlia
o era scesa a fumare. «Com’è vero
che il fumo uccide» sarebbe la satira
se per essere tale l’essenziale
è dissacrare, stupire, ferire.
Ma soprattutto dissacrare: e se
sacro fosse il diritto non di essere
rispettati, bensì di rispettare
e così contravvenire al dovere
di bestemmiare perché si può fare?
Come di lì a poco in ogni funerale
vedere la bara che affonda nella terra
fa fluire un’onda di sangue al cuore e il cuore
pesa, così capita ai tre nell’ascensore
quando si aprono le porte al piano,
il piano che tra l’altro era sbagliato,
allora scorrono ancora sangue nelle vene
e battenti nei binari e le dita
sulla tastiera, scatta la serratura e sono entrati.
Dentro, la redazione era in riunione.
Torte, uno aveva il compleanno, giochi
di parole, disegni e discussioni:
Soumission di Houellebecq, jihad, banlieues.
Come l’aria calda dentro in auto
condensa a contatto con il parabrezza freddo
e mostra l’acqua che sappiamo che è nell’aria
che respiriamo, abbiamo sempre in bocca
e nei polmoni, ma un po’ lo dimentichiamo,
così un buon numero degli argomenti
appena discussi si materializza lì in ufficio
con AK-47 e lanciarazzi in mano.
A loro volta parlano anzi gridano
prima il nome del dio che stanno per
ferire, poi «Echépolo!», così
si chiama il direttore del giornale.
Lenti spesse, un ragazzo senza età
che si alza piano e con voce che non
ti aspetti così bassa dice Echépolo
c’est moi e come voleva muore in piedi.
Come l’ala del passero incastrato sbatte
contro il vetro singolo della finestra
e non si può dire quale è più fragile
e sul punto di spezzarsi.
Il fantasma di Echépolo ritorna
in maggio sotto forma di un suo libro
o di opinioni, che un’età ce l’hanno,
irrigiditi su una posizione
ci può scorrere il mondo sotto i piedi,
si scambiano la destra e la sinistra.
Il fantasma di Echépolo è convinto
che sia paternalistico evitare
l’ennesima gratuita umiliazione
a chi è umiliato, oppresso e marginale;
e non solo: così si compromette
la libertà di parola. Ma allora
non evita il dissidio alla radice
la libertà di reticenza? Scegliere
di piangere se un altro uomo piange –
faccende di coscienza attraversate
ignaro da un fantasma che è astrazione.
Come quando le porte della metropolitana
stanno per chiudersi di scatto e i vagoni
emettono il concitato segnale di chiusura
ma le porte sono ancora aperte e non sai
se saltare dentro o stare, così
non sai se sarai intuitivo e lucido
o in panico di paralisi quando
qualcuno di cui vedi solo gli occhi
ti punta un fucile in faccia –
per lo più entrambe le cose, sei così lucido
da simulare il panico, attenerti al protocollo.
Proteggere la gente, ce l’aveva
nel sangue Elefenorre e forse si è
buttato contro i colpi per proteggere
Echépolo colpito: uccisi entrambi.
Suo fratello gemello è poliziotto
anche lui (e i cartelli scriveranno
che «siamo tutti sbirri»); Elefenorre
ne aveva viste di battaglie, Libano
Bosnia Cambogia Afghanistan ma ora
passava il tempo in campagna a arredare
casa di oggetti trovati e souvenir,
a far la siesta con la figlia May
sulle ginocchia, a far correre gli anni.
Compiva gli anni da lì a quattro giorni.
Come quando stai per schiantarti con la bici
simultaneamente conscio di ogni dettaglio,
incapace di intervenire anche su uno solo.
La nonna lo chiamava «petite teigne»,
lo battezzarono Simoesio per
il fiume Simoenta che la tinea
guarisce, o almeno è così che si dice.
Lui due cose credeva di far bene
ed erano il disegno e l’amicizia.
Così aveva dei modi da orsacchiotto
ma mai paura di aprire la bocca,
cercava di far ridere perché
poi rimanesse l’imbarazzo in bocca,
frequentava le prigioni e i processi
per cogliere rapporti umani ai margini,
Simoesio è caduto bocca a terra,
quarto nome caduto nella guerra.
Come quando si rifà uno sforzo
fatto il giorno prima o di recente
ma ora sotto il sole cocente il respiro
ci nutre appena come se il palato
suda e l’aria goccia nella cavità oleosa.
Leuco ha creato un festival di viaggio
di carnet di disegni e di persone
che viaggiano e disegnano i carnet;
anche stavolta ha portato un prosciutto
a Democoonte che l’ha dato al cane.
Sette giorni ai settantasette anni,
Democoonte ha già perso suo figlio,
Democoonte è un gentile, occhi candidi,
un sorriso di cancro malizioso,
un personaggio di Democoonte
«Mon Boeuf» è nel dizionario francese.
Democoonte ospite dei lettori
girava le province per cercare
cosa non gli piaceva, signorotti
locali, convenzioni sociali, è
che il reportage può essere più empatico
e sfumato, l’attualità è crudele.
Gli sarebbe piaciuto essere più
crudele, a Democoonte, che spesso
rideva anche se non c’era da ridere.
Come un libro intitolato
Meursault, contre-enquête
dà voce senza nome
a chi non è stato ucciso
sotto il sole sulla spiaggia
senza nome, l’arabo fratello
dell’arabo senza nome ucciso.
Discreto e pudico il kabil Dïore
è nato a Ait Larba, si nascondeva
per leggere (Baudelaire), dei missionari
l’hanno educato e preso in biblioteca.
Arrivato a Parigi percorreva
i posti che conosceva dai libri,
recitava poesia spesso par coeur.
Correggeva le bozze del giornale,
lui col suo accento berbero corregge
l’amata lingua francese e i suoi errori.
Allora, raccontatemi di Piro,
l’unica donna uccisa nello scontro,
la prima ebrea, la psicoterapista:
di lei anche se atea praticante
parla un rabbino e il rabbino dice, Piro,
Dio forse è già sul tuo divano, «Allora,
mi racconti» gli dici mentre il fumo
della tua sigaretta cuce nuvole
sopra la nostra testa – che il tuo nome
vuol dire «sarto» in arabo e in ebraico.
Allora, raccontatemi di Piro,
l’unica donna uccisa nello scontro.
Come passare altrimenti
da un morto al vivo
che sta per morire?
Con l’ultimo disegno come sempre,
c’è qualcosa che lo urta, scandalizza,
ecco un’immagine gli sorge in testa
e solo allora cerca il testo, un tratto
verbale, e solo allora ecco disegna,
Fegèo, con il suo stile da incisione
su legno che non deforma: carezza,
Fegèo educava il suo occhio senza sosta.
Suo l’ultimo disegno dal giornale,
«Et surtout la santé!» quella mattina,
di Fegèo che era sempre dalla parte
del più debole e spesso si chiedeva
se si può vivere senza usurpare.
Come ogni tanto sono le nuvole
che attraversano un aereo
e ogni tanto il suo suono un cielo vuoto.
Hodio, l’economista, sosteneva
la gratuità per vincere la crisi
spinto da spiriti senzadio, Marx,
Keynes, ’68, Houellebecq, Rieumes-Savères,
e sogni razionali, incubi reali
di mercato, eco-politici mali.
Festo è nato in Tunisia da una franco-
italiana e un polacco entrambi ebrei,
il padre ucciso nel ’36, Festo
ha detto: «il suo fantasma non mi ha mollato
per tutta la mia vita», e: «il paradiso
è popolato di idioti che credono
che esiste» e ha detto: «il cammino più corto
da un uomo all’altro è lo humour» e alla moglie:
«getterai le mie ceneri nel cesso
così ogni giorno ti guarderò le fesses»
e albeggerà di rosso la moquette.
Come avranno fatto
a incidere il suo nome col refuso
sulla targa commemorativa.
Un figlio della Senna St. Denis
compiva gli anni il giorno dopo, era alto
1 e 75, riservato
e modesto Scamandrio, è un poliziotto
ma nessuno in quartiere lo sapeva,
ufficialmente Ahmed, a casa Hocine,
per gli amici a Livry-Gargan è Memed.
Nulla gli valse l’arte delle armi
con l’arma di servizio (e per i tagli
neanche i proiettili per allenarsi
spiega Rocco Contento, il commissario)
contro le armi da guerra, lo feriscono
quando a terra si arrende lo finiscono:
«Ci vuoi far fuori?» gli hanno chiesto. Lui:
«No, capo, no» alza la mano, Scamandrio,
ed è un’esecuzione il colpo in testa.
Come un’esecuzione il colpo in testa.
E che astrazione questi due fratelli,
le loro gambe nere o gli occhi dolci
e le grida e il grilletto, morti come
gli altri morti prima di averli uccisi.
Published January 7, 2017
© 2016 Vanni Bianconi
Пoлдeнь from Час за часом. 7-ое января
Written in Italian by Vanni Bianconi
Перевод на русский Сергея Дурасова
Малая Азия – но только Мисия; тут вышла
ошибка с номером: они у дома шесть по рю Аппер
(того Аппера, что, прожив чуть не столетье,
консервы пищевые изобрел);
здесь царствует Телеф, супруг Гиеры;
она была прекраснее Елены, говорят,
и, мол, поэтому о ней молчит Гомер
(но говорят источники другие: греки
сюда причалив, вместо Трои, по ошибке,
напали на невинную страну;
Телеф был ранен, но исцелен Ахиллом).
Итак, стреляют в доме шесть – там, где архив,
а в доме десять все покуда живы.
Был первым умерщвлен Протесилай.
Опять вопрос об адресе: был первый
его работы день на этом месте;
встал спозаранку, ведь живет он далеко
за городом, в селе, ему сюда –
еще попробуй доберись; его спросили:
«Эй, Троя на котором этаже?»
– «Не знаю»: он по сервису ведь, не портье
(хотя источники об этом разногласят);
коллега подхватил его под руки,
когда упал он, и втащил туда,
где безопасно, в офис, но – уж поздно.
«Он жил всегда, считай, на сквозняке, –
сказал один из их селения. – Для всех
была открыта дверь его». И фирма
международная минутою молчанья
его почтила: весь их штат,
четыреста и двадцать тысяч человек,
взять по минуте, это в сумме чуть не год
молчанья, только много ль в этом проку?
(Что, онемели и швейцары у дверей?
и разрывались телефоны, или всё же
брал трубку кто-то и давал ответ?)
А брат его, Подакр, тот горюет,
что из всех жертв он – будто бы в тени;
он как-то раз двоим намылил шею,
что у него угнать хотели грузовик,
а тут симметрия как будто… – что ж, бывает;
в селе, сказал, повесили плакат:
«А notre Frédo», в честь «нашего Фредó».
Как небосвод молчаливый, от насекомых блестящий
в лучах еще низкого, только встающего солнца,
по кругу пускает, притягивая, будто планеты,
ласточек, в биенье их малых сердечек, их острых
крыльев, их клювов; они расчерчивают стрекотом сферы,
и кольца сужают и, середину склевавши проворно,
мгновенно скрываются в стенах.
И в этот миг на лестнице явилась
сотрудница редакции; она,
не зная об осаде, вниз, с ключом,
сошла – толь дочку из детсада привести,
толь покурить… «Как всё же это верно:
куренье – убивает!», чем не тема
сатиры, если главное для жанра –
в том, чтоб кощунствовать, и возмущать, и ранить.
Но главное – кощунствовать; а если
священно было бы не право, чтобы нам
оказывали уваженье, но чтоб мы,
мы уважали, вместо злого долга –
кощунствовать, раз не запрещено?
Как, каждый раз, погребальный обряд завершая,
смотришь на гроб, что погружается в землю,
и подымается кровь к сердцу волною, и сердце
сдавливает, так и с тремя, что в лифте, когда им открылись
двери на этаже – хоть не на том, что был нужен:
кровь побежала быстрее по венам, а створки дверей –
по направляющим; пальцы, дрожа, набирали
код на двери, и сработал замок, и – вошли.
А там, в редакции, все в сборе; там был торт
по случаю чьего-то дня рожденья; каламбуры,
карикатуры, обсуждали Уэльбека,
его «Soumission», джихад, banlieues…
Как теплый дух внутри автомобиля, от встречи
с холодным стеклом, сгущается в воду, что, как известно,
в воздухе есть, которым мы дышим, и на наших губах,
и в легких, хотя мы об этом не помним, так вдруг
куча вопросов, о которых лишь только что был разговор,
плоть обрели в редакционной приемной,
с «АК-47» и гранатометом в руках.
И тоже говорят – верней, кричат:
во-первых, имя бога, что сейчас
столь тяжко оскорбят, затем: «Где Эхепóл?»
(так звали главного редактора газеты).
В больших очках, без возраста мальчишка,
он встал и неожиданно глухим
ответил голосом: «Я Эхепол», «C’est moi»,
и умер стоя, как говорил когда-то.
Как крылышко воробья, залетевшего в комнату,
колотится о тонкое летней рамы стекло, и не знаешь,
что из двух более хрупко,
и вот-вот разобьется…
Но призрак Эхепола возвратится
пять месяцев спустя в обличье книги:
собранья мнений, что давно уже не новы;
когда упрямится кто на одном и том же –
то мир готов по кругу обойти,
покуда левым правое не станет.
Так, призрак Эхепола убежден,
что унизительный патернализм – беречь
того, кто оттеснен, унижен, угнетен,
от очередного униженья,
что это компрометирует саму
свободу слова. Но если так,
то не избавит ли от противоречья в корне
свобода промолчать? иль выбрать скорбь,
когда скорбит другой? – но этот выбор
возможен лишь для совести живой,
которой призрак, тень, не обладает.
Как когда в вагоне метро раздвижные двери готовы
резко сомкнуться, и взволнованный раздается сигнал
об отправлении, но они открыты еще, и не знаешь,
толи запрыгнуть, толь поезда дожидаться другого,
так ты не знаешь, будет ли чуток и ясен твой ум,
иль паникой парализован, когда ты увидишь
некого в маске, с открытыми только глазами,
что тебе тычет в лицо автоматом – скорее всего,
и то и другое: ум будет столь ясен, что станет
симулировать панику, следуя протоколу.
Казалось, Элефéнор был рожден,
чтоб ближних защищать – вот и сейчас
он бросился на выстрелы, готовый
прикрыть собою Эхепола: были оба
убиты вместе. Он, как и брат его, близнец,
был полицейским (и потом напишут
для шествия таблички «Все мы копы»);
Он в жизни виды всякие видал:
Ливан и Боснию, Афганистан, Камбоджу;
теперь же, дом в деревне свой наполнив
кучею собранных по миру безделушек,
бывало, дочку на колени посадив,
играл с ней в час сиесты, ну, а годы
пускай бегут себе… Через четыре дня
ему должно их было стукнуть сорок девять.
Как когда ты уже падаешь на велосипеде,
в одно мгновенье, разом, осознавая каждую мелочь,
но уж не в силах помочь себе вовсе ничем…
Для бабки он был «маленький пострел»;
а впрочем, его звали – Симоэсий,
по речке Симоэнту, чья вода
имеет свойство исцелять на теле раны,
по крайней мере, так передают.
Он сам считал, что два на свете дела
умеет делать хорошо – дружить
и рисовать. Был увалень, похож
на медвежонка, но в карман за словом
не лез, любил смешить друзей, да так,
чтобы от смеха всем сводило скулы;
еще ходил по тюрьмам и судам,
ловя черты людских повадок
в среде преступной; Симоэсий пал
ничком, четвертой жертвою войны.
Как когда, бывает, ты вновь повторяешь усилье,
сделанное только вчера или очень недавно,
теперь же твое под пылающим солнцем дыханье
изнемогает, и нёбо пересыхает от жажды,
а воздух – как капля воды в пустоте маслянистой.
Левк фестиваль блокнотов путевых
придумал – для таких людей,
что делают в блокнотах зарисовки
во время путешествий, а теперь
принес Демокоонту ветчину –
гостинчик вкусный для его собаки.
Семьдесят семь без семи дней: успел
уже и сына он похоронить –
Демокоон: степенный, сероглазый,
всегда с ехидною улыбкой на устах;
его герой «Mon Boeuf» вошел в словарь;
любимец публики читающей, Демокоон
провинцию исколесил, охотясь
за ненавистным типом мещанина,
общественное бичуя лицемерье,
стараясь делать репортажи резче,
болезненней, ведь актуальность
всегда жестока. А ему хотелось
еще жесточе быть, Демокоону,
смеясь и там, где не до смеха вовсе.
Так, как «Мерсо. Второе следствие» дало
голос другому, не убитому на пляже,
арабу безымянному, что брат был
того убитого, без имени, араба.
Стыдливый, сдержанный всегда, кабил Диор
рожден в Аит-Ларбá, читал украдкой
Бодлера; в миссионерской школе
он завсегдатаем библиотеки был.
Когда ж в Париж приехал, обходил
все те места, что знал давно по книгам;
поэтов многих наизусть читал.
В журнале гранки правя, со своим
берберским выговором, он исправлял
погрешности любимой им французской речи.
Ну, а теперь вы расскажите мне о Пиро,
одной лишь женщине, убитой в схватке этой.
Еврейка родом, психоаналитик.
При погребенье, хоть была и атеистка,
к ней обращаясь, говорил раввин:
«Бог, может быть, уж на твоем диване
сидит, а ты ему: «Рассказывайте, Бог…»,
в то время как дымок от сигареты
шьет облачко над головой твоей,
напоминая, что фамилия твоя –
«портной» в иврите – как и по-арабски.
Так что теперь вы расскажите мне о Пиро,
одной лишь женщине, убитой в схватке этой.
А как же иначе еще перейти мне
от мертвого – к живому,
что будет мертв через мгновенье.
С последним из рисунков, как всегда:
есть что-то, что волнует, возбуждает:
вот образ он рождает в голове
и только после думает над текстом,
словесной линией, и только уж потом
его рисует – Фегей – в своей манере,
будто по неподатливой доске,
не принуждая дерево, но гладя.
Фегей свой глаз учил без остановки.
А тот, последний из его рисунков,
«Et surtout la santé!», был завершен
тем самым утром, тем последним утром
Фегея, что в жизни был всегда
на стороне слабейшего, и часто,
бывало, спрашивал себя, а можно ль жить,
не утесняя никого другого.
Как бывает, что облака пересекают путь самолета,
а бывает, что рокот его
небо пустое пересекает.
А Годиос, экономист, считал, что лишь
отказ от прибыли преодолеть поможет кризис,
в его мозгу безбожные кружили духи –
Маркс, Кейнс, трибуны шестьдесят восьмого,
друг Уэльбек, герои Рьём-Савéр,
мечты рассудка и реальные кошмары
валютных рынков, и экологическая боль.
Фест был рожден в Тунисе; мать –
еврейка франко-итальянская, отец –
еврей из Польши; и отца убили,
когда он был двух лет; Фест говорил,
что тень отца его не отпускала
всю жизнь его, еще он говорил:
«рай населяют идиоты – те, что верят
в его существованье», а еще,
что «юмор есть кратчайший путь
от человека к человеку», а жене
сказал: «Когда умру, ты выбрось
мой пепел в унитаз, тогда смогу
я любоваться каждый раз с утра
твоею попой», и рассветные лучи
прольются красным на туалетный коврик.
Как имя его вырежут с ошибкой
на памятной доске…
Был выходцем из Сена – Сен-Дени,
назавтра отмечал он день рожденья,
был ростом метр и семьдесят и пять
и, собственно, ничем не выделялся
Скамандрий скрытный. Хоть в полиции служил,
в его квартале ни один не знал об этом;
по паспорту Ахмед, в семье – Хоссейн,
а для друзей в Ливри-Гарган и вовсе –
Мемед; не помогли ему ничем
ни навык обращения с оружьем,
ни пистолет его (в котором были
лишь тренировочные пули, как признался
Рокко Контенто, комиссар) – ничто
против оружья боевого: подстрелили,
упал, пощады просит, а ему:
«Что, замочить хотел нас?», он кричит:
«Нет! всё нормально, шеф…» и кверху тянет руки:
его расстреливают в голову, в упор.
Как бы расстреливают в голову, в упор.
И что за морок – оба этих брата,
их ноги черные, их нежные глаза,
их крики, спуск курка – прежде убийства
они уж были, как те мертвые, мертвы
Published January 7, 2017
© 2016 Vanni Bianconi
© 2016 Specimen
Vers midi from Les Heures du jour. 7 janvier
Written in Italian by Vanni Bianconi
Translated into French by Christian Viredaz
Asie Mineure. Ou plutôt la Mysie,
le numéro n’est pas le bon, ils sont
au 6 de la Rue Appert (Nicolas,
oui, l’inventeur à la très longue vie
des conserves alimentaires hermétiques).
Ici règne Télèphe, l’époux d’Hiéra,
d’elle on dit qu’elle était plus belle qu’Hélène
voilà pourquoi l’Iliade n’en parle pas
(mais tant de sources le disent : les Grecs
débarqués ici par erreur l’ont envahie,
et le roi est blessé, et sauvé, par Achille).
Ils tirent un coup de feu au 6, c’est les archives
et tous au 10 étaient encore en vie.
Le premier à mourir : Protésilas.
Et là encore, une question d’adresse :
c’était son premier jour dans cet immeuble,
il s’est levé tôt, vivant loin de Paris,
le voyage est long pour s’y rendre ;
ils lui ont demandé à quel étage est Troie.
Je ne sais pas, aura répondu l’employé,
chargé de manutention, pas concierge
(les sources à son propos divergent),
son camarade l’a pris dans ses bras
quand il a chu, pour l’emmener en lieu sûr
dans le bureau derrière mais en vain.
Sa maison, c’était la maison des courants d’air
dit un gars du village : les portes
toujours ouvertes. La multinationale
a proposé une minute de silence,
avec 420 000 employés
on arrive à 7000 heures, quasiment
une année de silence et rien en même temps
(ont-ils fait scène muette les portiers ?
Les téléphones sonnaient-ils ou bien quelqu’un
l’appareil décroché respirait-il ?) ;
son frère Podarcès trouve à redire
qu’il soit comme secondaire parmi les victimes.
Il y a quelques années il avait mis en fuite
deux types qui voulaient lui piquer son camion,
ce n’est là qu’une symétrie parmi tant d’autres ;
au village ils ont peint une pancarte qui dit
« À notre Frédo », c’est ça, «À notre Frédo ».
Comme le firmament taciturne d’insectes
lumineux fait tourner dans le soleil bas du matin
les hirondelles autour de lui telles des planètes
avec des battements de petits cœurs,
d’ailes aiguës et de becs : crissent les sphères
resserrent le cercle avalent le centre
et prennent la tangente dans le mur.
En cet instant paraît dans l’escalier
une femme qui sort du journal assiégé
qui a la clé sur elle, elle était descendue
chercher sa fille ou bien en griller une.
« Comme quoi c’est vrai que fumer tue »,
telle serait la satire, si pour être satire,
l’essentiel était de profaner,
d’étonner, de blesser. Mais avant tout
de profaner : et si ce qui était sacré
n’était pas le droit au respect, mais bien celui
de respecter et de contrevenir
de la sorte au devoir de blasphémer
puisque le blasphème est admis ?
Comme bientôt à chaque enterrement
voir le cercueil s’enfoncer dans la terre
fait affluer au cœur une vague de sang
et le cœur pèse, ce qui arrive aux trois dans l’ascenseur
quand s’ouvrent les portes à l’étage,
l’étage qui entre autres n’était pas le bon,
alors du sang coule encore dans les veines
et les battants coulissent et les doigts courent
sur le clavier, la serrure saute et ils sont entrés.
À l’intérieur, toute la rédaction
était en réunion. Café, gâteaux,
c’était l’anniversaire de l’un d’eux,
et jeux de mots, dessins et discussions :
Soumission de Houellebecq, djihad, banlieues.
Comme l’air chaud dans la voiture
se condense au contact du froid du pare-brise
et montre l’eau dont nous savons qu’elle est dans l’air
que l’on respire, nous l’avons toujours dans la bouche
et les poumons, mais n’y prenons pas garde,
ainsi bon nombre des arguments
discutés à l’instant prennent corps au bureau
AK-47 et lance-roquettes au poing.
Ils parlent à leur tour ou plutôt hurlent
d’abord le nom du dieu qu’ils s’apprêtent à blesser
et puis « Echépolos ! », ainsi se nomme
le directeur du magazine. Lentilles épaisses,
garçon sans âge qui lentement se lève
et, d’une voix que tu n’attendais pas
si basse, dit Echépolos c’est moi
et, comme il le voulait, il meurt debout.
Tout comme l’aile du moineau coincé
bat contre le verre simple de la fenêtre
et l’on ne saurait dire quelle est la plus fragile
et sur le point de se briser.
Le fantôme d’Echépolos revient en mai
sous la forme d’un livre ou d’opinions,
qui ont un âge, figées sur une position
le monde peut nous filer sous les pieds,
et droite et gauche se confondent.
Le fantôme d’Echépolos est convaincu
qu’il est paternaliste d’éviter
la énième humiliation gratuite
à qui est humilié, opprimé, marginal ;
et ce n’est pas tout : on compromet ainsi
la liberté d’expression. Mais alors
n’évite-t-elle pas la dissension à la racine,
la liberté de réticence ? Choisir
de pleurer dès lors qu’un autre homme pleure –
affaires de conscience traversées
ignare par un fantôme qui est abstraction.
Tout comme quand les portes du métro
vont se refermer en claquant et les wagons
émettent le signal surexcité
de fermeture, mais les portes
sont encore ouvertes et tu hésites
entre sauter dedans ou rester planté là,
ainsi tu ne sais pas si tu seras intuitif et lucide
ou bien paralysé par la panique au moment où
quelqu’un dont tu n’aperçois que les yeux
te braquera un fusil au visage –
le plus souvent les deux : assez lucide pour
simuler la panique et t’en tenir au protocole.
Protéger l’autre, il l’avait dans le sang,
Eléphénore, et peut-être qu’il s’est
jeté contre les coups pour protéger
Echépolos touché : morts tous les deux.
Son frère jumeau aussi est policier
(les pancartes diront : « nous sommes tous flics ») ;
Eléphénore en avait vues beaucoup
des batailles, Liban Bosnie Cambodge
Afghanistan, mais à présent
il passait le temps à la campagne à décorer
sa maison d’objets trouvés et de souvenirs,
à faire la sieste, sa fille May sur les genoux,
à faire s’écouler les mois. Il aurait eu
son anniversaire dans quatre jours.
Comme quand sur le point de te fracasser à vélo
tu es en même temps conscient de chaque détail,
mais incapable d’intervenir ne fût-ce que sur un seul.
Sa grand-mère lui disait « petite teigne »,
ils l’ont appelé Simoésios du nom
du fleuve Simoïs qui guérit de la teigne
du moins à ce qu’on dit. Lui, il y avait
deux choses qu’il croyait faire plutôt bien
et c’étaient le dessin et l’amitié.
C’est ainsi qu’il avait des manières de nounours
mais jamais peur d’ouvrir sa gueule,
il essayait de faire rire pour qu’après
l’embarras vous reste à la bouche,
il fréquentait les geôles et les procès
pour capter les rapports humains en marge,
Simoésios est tombé face contre terre,
quatrième des noms tombés en guerre.
Tout comme quand on refait un effort
qu’on avait fait la veille ou récemment
mais maintenant sous le soleil cuisant le souffle
nous alimente à peine comme si le palais
suait et l’air gouttait dans cette cavité huileuse.
Leucos a créé un festival du voyage
de carnets de dessins et de personnes
qui voyagent et dessinent des carnets ;
cette fois encore il a apporté un jambon
à Démocoon qui l’a donné à son chien.
À sept jours de ses soixante-dix-sept ans
Démocoon a déjà perdu son fils,
Démocoon est un gentil, les yeux candides,
un sourire de cancre malicieux,
un de ses personnages, « Mon Beauf »,
est déjà dans le dictionnaire.
Démocoon invité des lecteurs
parcourait les provinces pour débusquer
ce qui ne plaisait pas, hobereaux locaux
et les conventions sociales, parce que
le reportage peut être plus empathique
et nuancé, l’actualité est cruelle.
Cruel, il aurait aimé l’être davantage,
Démocoon, qui bien souvent
riait même s’il n’y avait pas de quoi rire.
Comme ce livre intitulé
Meursault, contre-enquête
donne une voix sans nom
à qui n’a pas été tué
sous le soleil sur la plage sans nom,
l’Arabe frère de l’Arabe sans nom qu’on a tué.
Pudique et discret, Diôrès le Kabyle
né à Ait Larba, il se cachait
pour lire (Baudelaire), des missionnaires
l’ont éduqué, conduit à la bibliothèque.
Arrivé à Paris, il parcourait
les endroits qu’il connaissait par les livres,
il récitait des poèmes souvent par cœur.
Corrigeait les épreuves du journal,
avec son accent berbère il corrige
la langue française aimée et ses erreurs.
Alors, racontez-moi l’histoire de Peiroos,
la seule femme tuée dans la bataille,
la première Juive, la psychothérapeute :
d’elle quand bien même athée pratiquante
un rabbin parle et lui dit, Peiroos,
Dieu peut-être est déjà sur ton divan,
« Alors, racontez-moi », dis-tu, tandis
que la fumée de ta clope coud des nuages
au-dessus de nos têtes – car ton nom
veut dire « tailleur » en arabe comme en hébreu.
Alors, racontez-moi l’histoire de Peiroos,
la seule femme tuée dans la bataille.
Comment passer sinon d’un mort
à ce vivant sur le point de mourir ?
Dans son dernier dessin, comme toujours
quelque chose le heurte, le scandalise,
voici qu’une image lui vient en tête
et c’est alors seulement qu’il cherche le texte,
un trait d’esprit, c’est alors qu’il dessine,
Phégée, avec son style de gravure
sur bois qui ne déforme pas : caresse,
Phégée qui sans répit éduquait son regard.
Il est de lui, le dernier dessin du journal,
« Et surtout la santé ! » ce matin-là,
Phégée qui était toujours du parti
du plus faible et souvent se demandait
si l’on pouvait vivre sans usurper.
Comme ce sont les nuages parfois
qui traversent un avion
et parfois son bruit un ciel vide.
Odios, l’économiste, préconisait
la gratuité pour triompher de la crise
poussé comme il l’était par des esprits impies,
Marx, Keynes, mai 68,
Houellebecq, Rieumes-Savères,
et puis des rêves rationnels,
des maux économico-politiques,
les cauchemars du marché bien réels.
Phæstos, lui, était né en Tunisie
d’une mère mi-Française mi-Italienne
et d’un père Polonais, Juifs tous les deux,
son père tué en 36, Phæstos
a dit : « son fantôme ne m’a plus lâché
de toute ma vie », et puis : « le paradis
est peuplé d’idiots qui croient qu’il existe »,
il a dit aussi : « le plus court chemin
d’un homme à l’autre est l’humour », et à sa moitié :
« tu jetteras mes cendres dans les vécés,
comme ça chaque jour je te zyeuterai les fesses »
et l’aube teintera de rouge la moquette.
Comment diable ont-ils fait
pour graver sur la plaque commémorative
son nom avec une coquille ?
Enfant de la Seine-Saint-Denis, il aurait eu
son anniversaire le lendemain,
il mesurait 1 m 75,
réservé et modeste, Scamandrios
est policier mais dans le quartier personne
ne le savait, officiellement Ahmed,
à la maison Hocine, pour les amis
à Livry-Gargan c’est Mehmed.
L’art des armes ne lui aura servi
à rien avec son arme de service
(à cause des coupes, pas même les projectiles
pour s’entraîner, explique le commissaire
Rocco Contento) contre les armes de guerre,
ils le touchent et quand à terre il se rend,
eux, ils l’achèvent : « Tu veux nous descendre ? »
lui ont-ils demandé. Et lui : « Non, chef,
non », il lève la main, Scamandrios,
et c’est l’exécution, la balle dans la tête.
Comme une exécution, la balle dans la tête.
Et quelle abstraction ces deux frères,
leurs jambes noires ou les yeux doux
et puis les cris et la gâchette,
morts tout comme les autres morts
avant de les avoir tués.
Published January 7, 2018
© 2016 Vanni Bianconi
© 2017 Specimen
Other
Languages
“Il mezzogiorno” è una sezione della poesia inedita di Vanni Bianconi “Ore del giorno”. Il giorno in questione è il 7 gennaio 2015. Le altre sezioni parlano del risveglio la mattina del compleanno, della separazione, di una casa lasciata e delle strade di Londra. “Il mezzogiorno” tratta della strage nella sede della rivista satirica “Charlie Hebdo”, avvenuta quel giorno, e lo fa attraverso il filtro dell’Iliade, non appropriandosi della sua dimensione epica, o tantomeno eroica, ma di quella meno evidente che ci restituisce i dettagli minimi, tristi, umani delle persone qualunque uccise in battaglia.
“Il mezzogiorno” (“Midday”) is a section of Vanni Bianconi’s unpublished poem “Hours of the Day”. The day is January 7, 2015. The other sections are about waking up on a birthday morning, a separation, a deserted house and the streets of London. “Midday” depicts the Charlie Hebdo killing, which happened that very day, and does it through the filter of the Iliad: not for its epic or heroic dimensions, but, on the contrary, for the human undertones that describe the minor details of the lives, the families and the physical traits of the common people killed in battle, as well as the moment of their deaths.
Your
Tools