Un’altra notte era trascorsa tranquilla per il gruppo, una notte piena di sogni e incubi. Il sole splendeva come il giorno precedente annunciando l’inizio del venerdì, ma la routine di quella mattina fu interrotta all’improvviso quando alcuni colpi alla porta scossero la tranquillità dell’appartamento. Si guardarono l’un l’altro, chi poteva essere? Rami si avvicinò alla porta in punta di piedi, Abu Muhammad e Saji lo seguirono, il resto del gruppo rimase immobile in attesa.

– Un uomo con baffi e occhiali. Apro?

Due di loro si nascosero dietro la porta per precauzione:

– Apri!

Rami aprì con estrema cautela, l’uomo fece irruzione nell’appartamento ma fu subito bloccato dai due di guardia:

– Chi sei? Cosa vuoi?

– Lasciatemi, idioti, sono quello che vi dirà cosa fare.

Tutti gli uomini che erano nell’appartamento si riunirono attorno a lui:

– Sono Abu Anas, uno di quelli che vi porteranno nel luogo della partenza. Il ritrovo è qui, domani sera. Preparatevi per bene, dovete avere due bottiglie d’acqua e un chilo di datteri ciascuno, in caso di emergenza. Va bene, gruppo? Siamo d’accordo?

L’uomo se ne andò, e il silenzio di quel luogo adesso era diverso, il momento era finalmente arrivato. Era un silenzio fatto di pensieri e angoscia, da domani un nuovo inizio dalla fine sconosciuta.

I loro occhi non si chiusero subito quella notte, la notizia aveva acceso nelle loro teste una scintilla che non li aveva fatti dormire. Qualche giorno prima erano nelle loro case, adesso erano qui, ma dove sarebbero stati domani? In quali condizioni?… Trascorse quella notte che sembrava infinita, le loro anime volteggiarono fin sul tetto dell’appartamento trovando solo il cielo come ostacolo alla loro ultima ascesa. Tornarono nei loro corpi solo quando spuntò quella che sarebbe stata la terza e ultima alba nella città di Alessandria.

Era sabato 6 settembre 2014, le diciassette in punto, il telefono di Yahya squillò e sul display apparve un numero sconosciuto.

– Gruppo, siete pronti, o no? Forza, scendete subito. Quando siete giù, raggiungete i due pulmini, salite, loro sanno cosa fare. Forza, non fate tardi.

Il gruppo cominciò a muoversi dopo aver raccolto le proprie cose tra cui l’acqua e i datteri. Scesero le vecchie scale e uno per uno dissero addio a quel luogo. Ad attenderli c’erano alcuni furgoncini che partirono non appena il gruppo venne caricato al loro interno. Si fermarono dopo solo dieci minuti nel luogo dove altri grandi autobus li attendevano. Nessuno capì il motivo della loro presenza finché non uscirono dai furgoncini e iniziarono a camminare. Dai finestrini degli autobus spuntavano le teste di alcune persone che li osservavano avanzare. Teste tutte diverse per colore e forma. Probabilmente sarebbero diventati i loro compagni di viaggio.

Salirono e si sedettero in prima classe. Era il momento della separazione. Ognuno di loro occupò un posto libero e si sparpagliarono in tutto l’autobus. Non si diedero molto da fare per tenere unito il gruppo, solo tre di loro e due famiglie tentarono di restare vicini per quanto possibile.

– Salve, potrebbe spostarsi in un altro posto? Noi siamo una famiglia, io, mio fratello e suo figlio, se fosse così gentile.

L’uomo che sedeva da solo in un posto per due guardò i tre che attendevano la sua risposta:

– Certo, prego, accomodatevi.

Era siriano, Asad e Yahya se ne accorsero subito, ma il piccolo Mu’min non lo capì. L’autobus era completamente pieno e per nulla silenzioso. Asad diede un’occhiata in giro tentando di cogliere i particolari. C’erano molte donne e bambini, intere famiglie. Dove andava tutta quella gente? Si chiese.

Il veicolo iniziò a muoversi, la notte aveva calato il suo velo e il buio era ormai fitto. L’illuminazione all’interno dell’autobus era pessima, ora fioca, ora completamente assente e questo impediva ad Asad di distinguere perfettamente le sagome delle persone. Non si sentiva il rumore del motore ma solo i lamenti delle donne e il pianto dei bambini. Tutti erano in viaggio verso l’ignoto con la speranza di un futuro migliore. Presto la spiaggia di Alessandria apparve in lontananza, e l’autobus pian piano continuò ad avvicinarsi al mare. Alcune persone all’interno del veicolo osservavano il versante nord della costa dove l’orizzonte marino svaniva nel nulla. Era proprio lì che andavano e l’avevano voluto loro.

Questi disperati stavano per intraprendere il viaggio verso la speranza, per questo avevano portato con loro bambini e famiglie. Per lo stesso motivo molti altri avevano lasciato a casa bambini e famiglie.

L’autobus si fermò di colpo facendoli sobbalzare, tutti si piegarono in avanti, e poi tornarono indietro alla completa immobilità. Il mare era nascosto dietro un edificio non molto alto, di un piano o due, ma che si estendeva orizzontalmente. I passeggeri iniziarono a scendere. Era notte fonda e i dettagli di quel luogo non si distinguevano nitidamente, solo le luci della strada attorno a loro tracciavano il cammino. Un gruppo di persone disposte fuori dall’autobus attendeva i passeggeri e li osservava in stupito silenzio. Due uomini si misero vicino alla porta del veicolo, mentre altri tre si posizionarono sulla strada tra l’autobus e l’entrata principale dell’edificio dove c’erano già altri tre individui armati di tutto punto. Una sensazione di paura pervase quelli che erano scesi per primi, ma non li dissuase dal continuare a camminare. I primi entrarono e capirono che lì dentro c’era un’enorme quantità di umanità in attesa, molto più numerosa di quella appena arrivata – il doppio.

La condizione di attesa e angoscia era evidente su ogni volto. Asad, invece, aveva un carattere diverso, la cosa importante per lui era proprio non condividere la sua preoccupazione con gli altri. Era rimasto indietro rispetto a Yahya e Mu’min dando la precedenza agli anziani e a chi aveva bisogno di aiuto. Mentre scendeva dall’autobus sentì le urla di una donna provenire dall’interno dell’autobus, tornò subito indietro e la vide tra due contrabbandieri saliti dalla porta posteriore: stavano tentando di derubarla. Quando Asad risalì sull’autobus, le persone che erano ancora lì dentro rimasero in silenzio, ma uno dei due contrabbandieri puntò il fucile verso di lui. Asad rimase immobile dov’era, mentre i due continuarono a fare ciò per cui erano lì. Uno dei malviventi prese la borsa della donna e vi frugò dentro, tirò fuori 300 dollari e gettò la borsa alle sue spalle. Poi i due avanzarono. Asad indietreggiò e scese lasciando passare i contrabbandieri che lo guardarono con rabbia prima di superarlo e abbassare le armi.

Asad non conosceva la tragedia che aveva spinto quella donna a fuggire pagandosi il viaggio, ma il dolore gli straziava il cuore ogni volta che il pianto dell’anziana aumentava. La donna iniziò a camminare con angoscia e riluttanza, Asad le venne incontro, le tese la mano e la aiutò a scendere. Lei guardò il viso di Asad cercando di ringraziarlo per qualcosa che non era stato capace di fare. Poi riprese a singhiozzare e, andando verso la porta principale dell’edificio, disse:

– Dio si vendicherà di voi, abbiamo dato l’anima per racimolare questi spiccioli, Dio si vendicherà di voi.

Continuò a ripetere all’infinito queste parole finché non sparì all’interno dell’edificio.

Asad rimase vicino alla porta dell’autobus da cui era sceso. Sentiva chiaramente che in quel luogo la gente sopportava ciò che nemmeno le montagne avrebbero potuto sopportare. Cosa aveva portato fin qui questa donna? Cosa l’aveva spinta verso l’ignoto dentro questa carovana di gente? Qual era stata la sua vita e che tipo di inferno aveva conosciuto? Era questo il destino dei diseredati? Asad provava strane sensazioni, era determinato ad aiutare come poteva i profughi che erano lì, determinato ad aiutarli in qualche modo. Le altre persone scese dall’autobus erano già davanti alla grande porta. Arrivò un altro autobus, ma Asad non ci fece caso e improvvisamente aprì la porta lasciando sorpresi suo fratello Yahya e suo nipote Mu’min. Quella era una delle stanze d’attesa per quelli che dovevano intraprendere il viaggio per mare, ed era affollata come tutte le altre. Quanta umanità al suo interno, centinaia di persone, ragazzi, uomini, donne, famiglie e singoli individui, tutti in attesa che quel varco si aprisse per poter finalmente uscire.

Passarono solo due minuti prima che la porta si spalancasse.

– Voglio che usciate quindici per volta, con calma, non abbiate fretta.

Sembrava una chiamata dal cielo. Questo era il passaggio che portava alla vita, il passaggio verso il mondo che era stato loro promesso. Lì avrebbero trovato la felicità e la serenità che avevano pagato a caro prezzo sfuggendo al destino malvagio e crudele che li attendeva. La porta si apriva e richiudeva e le persone uscivano in gruppi di 15 soldatini. Metà della stanza si svuotò. Adesso era il turno di Asad, Yahya e Mu’min e di altre persone che Asad vedeva per la prima volta. Erano tutti in attesa ma per qualche motivo sconosciuto Asad era più impaziente:

– Che succede, Asad? Dimmi, cosa guardi?

Asad non prestò attenzione alla domanda di Yahya, era completamente assorto nei suoi pensieri.

– Forza, gli altri quindici.

L’uomo iniziò a contare finché Asad non urlò:

– No, no, non andrò con quel gruppo, devo essere io a scegliere il mio gruppo.

– Sei impazzito o cosa? Sai quel che dici? Forza, vieni avanti e non dire sciocchezze.

– Sei impazzito, Asad? Che cosa dici? Potrebbero ucciderti solo toccando il grilletto. Sono dei folli, hanno rubato e saccheggiato tutto, non ci metteranno molto a uccidere qualcuno, sono una banda di malviventi, Asad. Dai, fratello, cammina, vai avanti, ti prego, taci e cammina.

-Yahya, ma nel nostro gruppo non c’è nessuna delle persone con cui siamo partiti da Gaza, come mai? Dobbiamo terminare insieme questo viaggio.

Yahya stava tentando di coprire la voce di Asad, ma un’altra persona aveva ascoltato le sue parole.

– Non ti preoccupare, vi ritroverete di nuovo tutti insieme tra un’ora o due su una grande barca. Forza, il signore si vuole muovere adesso, per cortesia!

La mente e il corpo di Asad si placarono prima che l’uomo lo costringesse con la forza.

– Forza, tu, tu e tu… cinque… dieci… quindici, forza, tutti insieme da questa parte.

Il gruppo uscì e la porta si chiuse dietro di loro.

Sembrava che la brezza marina soffiasse per la prima volta nelle vite di tutti quelli che stavano per imbarcarsi, o forse era solo la strana sensazione di Asad. Quanto tempo aveva giocato nel mare di Gaza, passando lì le mattine,  le sere e le notti.

L’aria era insolitamente fredda ma la cosa ancor più strana era la strada stretta che stavano percorrendo e che li guidava verso il punto più basso di quel luogo diverso per natura e condizione dalla terraferma. Il gruppo arrivò e si fermò sul confine estremo che divide il mare dalla terraferma.

– Forza, scendete.

– Forza, scendete? Ma cosa dici? Scendere dove? Ci bagneremo in acqua.

– Forza, tu, niente capricci, voi camminate piano. Guardate lì, ecco le barche che vi stanno aspettando, saliteci su tutti e quindici, e vi porteranno a una grande nave, forza, muovetevi!

– Ma con noi ci sono bambini, donne e anziani, come faranno?

-Vi siete rincoglioniti o cosa? Non fatemi bestemmiare, cosa cazzo posso fare io per loro? Forza!!!

E iniziò a urlare.

Tutti sapevano di dover scendere. Si armarono di pazienza, pensarono alle promesse che gli avevano fatto i contrabbandieri, e a ciò che li attendeva in quel lontano orizzonte.

La segunda noche pasó tranquila, retocada de sueños y pesadillas. Salió el sol, al igual que ayer. Pero la rutina de la mañana del viernes fue interrumpida. Los golpes en la puerta retumbaron en todo el departamento. Se miraron: ¿quién será? Rami fue el primero en levantarse, de puntillas se acercó a la puerta. Fue seguido por Abu Muhammad y Sayi. Todos presintieron que algo iba a pasar.

—Es un tipo de bigotes y lentes. ¿Qué dicen, le abro?

Abu Muhammad y Sayi se prepararon para el ataque.

—Abre la puerta.

Rami abría la puerta, lentamente. El hombre la empujó y ya estaba entre los brazos de Abu Muhammad y Sayi.

—Ya suéltenme, pendejos. Sólo les voy a pasar su trayectoria del día de mañana.

Todos formaron un círculo alrededor del intruso.

—Bueno, escúchenme. Escúchenme bien. Me llamo Abu Anas, uno de los encargados de este viajecito que harán mañana. Nos reunimos mañana por la tarde, ¿de acuerdo? Mañana. Mañana todos nos largamos de aquí.  Deben estar preparados. Cada uno llevará dos botellas de agua y un kilo de dátiles para el viaje. Eso es todo, ¿de acuerdo? Hasta mañana.

Y se fue. Volvió el silencio. Pero era un silencio distinto. “Así que ya casi nos vamos”, se dijo cada uno de ellos, nerviosamente. Mañana comienza todo de nuevo: un nuevo viaje que nadie sabe cómo acabará.

No pudieron cerrar los párpados esa noche. Algo se prendió en su mente. No hacía mucho tiempo que estaban en sus casas, y ahora estaban aquí. ¿Y mañana? La noche fue larga, infinita. Sus almas volaron, sólo alcanzaron llegar hasta el techo del departamento: pues los cielos les son prohibidos. Al amanecer, las almas retornaron al cuerpo. Era su tercera y última mañana en la ciudad de Alexandria.

Sábado, 6 de septiembre, 2014. 5 de la tarde. Sonó el celular de Yehya. Un número desconocido.

—¿Ya están listos o qué? Bájense ahora mismo. Hay dos camiones pequeños esperándolos abajo. Suban en ellos y ahí se encargarán de ustedes. Bájense ahora, ya se van.

Todos se movían dentro del departamento. Hicieron sus maletas: agua y dátiles. Bajaron las escaleras viejas, uno por uno, despidiéndose del edificio. Subieron a los camiones pequeños. Se marcharon.

Los camiones pararon. Pasaron tan solo 10 minutos. Había camiones más grandes esperándolos. “¿Esos camiones qué?”, se preguntaron entre ellos. Descendieron de los camiones pequeños  y caminaron hacia los grandes. Vieron que había gente observándolos desde las ventanas. “Así que tenemos compañeros de viaje,” dijeron. Era gente de todos los tamaños y colores. Subieron por la puerta delantera. Se separaron buscando lugares vacíos a lo largo del camión: pues no insistieron en mantenerse como grupo. Había 3 personas y 2 familias que intentaron sentarse lo más cercano posible uno al otro.

—Buenas tardes, señor. ¿Podría pasar a otro asiento, por favor? Aquí somos una familia. Él es mi hermano, y éste: mi sobrino.

El hombre, quien estaba sentado solo en un asiento doble, los miraba. Estaban ansiosos por recibir respuesta suya. 

—Sí, cómo no. Pásenle.

Y se levantó del asiento. As’ad y Yehya comprendieron que era sirio. Pero Mu’min, el pequeño, no tenía las herramientas lingüísticas para comprender de dónde provenía el señor que acababa de cederles el lugar.

Ahora todos los asientos se hallaban ocupados. No había silencio dentro del camión. Los ojos de As’ad viajaron, registrando los detalles: muchas mujeres, niños, familias enteras. “¿Todos buscan irse?”, se preguntó.

Los camiones avanzaron. Bajó la noche. La iluminación del camión era débil y casi no se veía nada adentro. Así, As’ad no pudo ver las figuras humanas que lo rodeaban. No se escuchó el motor, solo los susurros de las mujeres y el llanto de los bebés. Un viaje en búsqueda de esperanza y futuro en el corazón de lo desconocido.

En poco tiempo, el mar de Alexandria comenzó a aparecer, cada vez más cerca. Todos miraron el mar hacia el norte. Fijaron sus miradas en el horizonte, en la nada: su paradero.

La nada es su única esperanza. Por esta razón llevaron consigo a sus hijos, y por la misma razón dejaron atrás a sus hijos.

Los camiones frenaron repentinamente. Sus espaldas inclinaron hacia adelante y volvieron a apoyarse en el respaldo del asiento cuando el camión paró por completo. El mar había desaparecido detrás de un edificio ancho, pero no muy alto: uno o dos pisos. Comenzaron a bajar, guiándose por los postes de luz de la calle que develaron lo que ocultaba la noche al entrar.

Los esperaron 8 personas armadas: 2 en la puerta del camión, 3 en la puerta del edificio, y 3 entremedio, formando un corredor. Los recién llegados sintieron miedo, pero seguían las instrucciones emitidas por los ojos silenciosos y pálidos de los traficantes. Cuando entró el primero, se enteraron de que en la sala había más gente, mucho más de los que acabaron de llegar, lo que significó más espera y más llanto.

As’ad se dejó preocupar por otros asuntos. Se separó de Yehya y Mu’min, quedándose atrás para ayudar a los ancianos a bajar del camión. De repente escuchó el grito de una mujer. Volvió a subir para encontrar a los dos traficantes, quienes habían entrado por la puerta de atrás, asaltando a una anciana. Al verlo, todos callaron. Uno de los traficantes apuntó su arma hacia As’ad, mientras el otro sacó los 300 dólares de la cartera de la anciana, y luego la echó vacía al asiento. Avanzaron hacia la puerta delantera. As’ad bajó para abrirles el camino. Lo miraban en los ojos con ira, antes que pasar por delante de él y bajar las armas. Le dolió ver a la mujer llorando. Ella caminó por el corredor del camión hacia la puerta delantera. As’ad desconocía su historia. “¿Cuál de las tragedias la llevó hasta aquí?”, se preguntó. Le extendió el brazo a la anciana para ayudarle a bajar. Ella lo miraba en los ojos, llorando. Quiso agradecerle por lo que no pudo hacer.

— Dios vengará los agravios. Tanto nos costó conseguir este dinerito. Dios vengará…

Lo repetía una y otra vez hasta que desapareció dentro del edificio.

Inclinado sobre el camión, As’ad concluyó que hay gente a que les toca soportar agravios más pesados de lo que pueda cargar su cuerpo. Esta mujer, ¿cómo terminó aquí, en la orilla del desconocido? ¿En cuál infierno le tocó vivir? ¿O es solo una pobre más viviendo su destino? Sintió una emoción rara, que lo animaba a querer ayudar a los demás fugitivos.

Era el último del grupo. Al entrar por la puerta grande, se escuchó atrás el ruido de otro camión frenando. No miró hacia atrás. Buscó a Yehya y a Mu’min. La sala de espera estuvo llena de viajeros. Cientos de personas entre niños, hombres y mujeres; entre familias e individuos. En pocos segundos, se abrió la puerta que daba hacia el mar.

— Oigan, van a estar pasando 15 cabezas por 15. Avancen poco a poco y sin escándalo, por favor.

Era como si el cielo se abriera. Era el camino a la vida, al mundo prometido que tanto dinero les había costado. ¿O el malicioso destino, del que habían huido, les esperaba ahora? La puerta abría y cerraba. Cada vez que abría, cruzaba por ella un grupo de 15 personas.

La mayoría ya había salido, y As’ad, Yehya, Mu’min y otros desconocidos esperaban su turno. A As’ad se le notó la tempestad que llevaba adentro .

— ¿Qué te pasa, hermano?

As’ad miraba a las personas formadas en la fila.

— ¿Qué te pasa? Dime, ¿qué estás mirando?

No contestó. La puerta abrió al mar.

— Vámonos, los 15 que siguen por favor.

El traficante comenzó a contar a las personas. Al llegar a As’ad, éste se detuvo en la puerta:

— No, yo no. No voy a ir en este grupo. Yo elijo mi propio grupo.

— ¿Eres un idiota o qué? Adelante, o te rompo la madre.

— Ándale, As’ad, no la hagas de tos. Esos te pueden matar de un tiro. Son locos. Ya nos robaron, ya nos estafaron. No les falta nada para matarnos también. Son una mafia. Ándale hermano, avanza. Mantén la boca cerrada y sigue caminando.

— ¿Y los que vinieron con nosotros desde Gaza, Yehya? ¿Dónde están? Debemos seguir nuestro camino juntos.

Las palabras de As’ad volvían loco a Yehia. El traficante también las escuchaba:

— En una hora o dos todos van a volver a estar juntos en el barco grande, no te preocupes. Ahora —es usted muy amable— hágame el favor y siga. Adelante.

La mente y el cuerpo de As’ad se tranquilizaron. Se sintió obligado a creer a lo que le dijo el traficante.

— Vámonos. Tú, tú y tú…  5… 10… 15. Conmigo. Por aquí.

Los 15 salieron, y la puerta se cerró atrás de ellos. Los vientos del mar soplaron. Eran como los primeros vientos. Por lo menos así los sintió As’ad, a pesar de que él ya conocía bien el mar de Gaza. El mar de Gaza era su amigo, con quien pasaba largos ratos de noches y días. Ahora sentía frío al viento. El viento era un desconocido.

Descendieron por un camino estrecho hacia el mar, aquella región tan distinta de la tierra. Llegaron a la frontera entre tierra y mar.

— Aquí, bájense aquí.

— ¿Aquí cómo? ¿A dónde? Hombre, nos vamos a mojar todos.

—Dije “bájense aquí”. Sólo van a caminar un poco. Miren hacia allí: ¿ven aquellas lanchas? Son para ustedes 15. Los llevarán al yate. Adelante, señores.

— ¿Qué hacemos con los niños, ancianos, y mujeres?

— ¿Me estás chingando o qué? No saques mis demonios. Lárguense de aquí. Adióóóóós.

Todos bajaron hacia el mar. Para alimentar la paciencia, recordaron las promesas de los traficantes sobre lo que los espera en el horizonte lejano.