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Motivazioni della giuria
Written by Franca Cavagnoli, Yasmina Mélaouah, Ilide Carmignani
La vincitrice del Premio Babel-Laboratorio Formentini 2020 è Silvia Manzio per la traduzione di Oreo di Fran Ross (Edizioni Sur 2020). Di seguito, le motivazioni della giura per l’assegnazione del premio e per la scelta delle altre due finaliste: Cristina Dozio per Ogni volta che prendo il volo di Youssef Fadel (Brioschi, 2019), e Giulia Zavagna per La parte inventata di Rodrigo Fresán (LiberAria, 2019). La giuria del Premio è composta da Franca Cavagnoli, Ilide Carmignani, Yasmina Mélaouah e Ada Vigliani.
La giuria del Premio Babel-Laboratorio Formentini 2020 ha deciso di assegnare all’unanimità il premio a Silvia Manzio per la traduzione di Oreo di Fran Ross (Edizioni Sur 2020), un romanzo fastoso e poliedrico, incentrato sulla ricerca quasi mitologica del padre da parte di una giovane donna colta, ironica e dissacrante, figlia di madre afroamericana e di padre ebreo. La duplice ascendenza della famiglia complica non poco la questione identitaria della protagonista, e il mélange letterario dell’autrice – più vicina nello stile a Pynchon e Vonnegut che non alle autrici afroamericane – lo complica ancor più per chi traduce il suo romanzo.
Silvia Manzio mostra grande competenza nel tenere saldamente le redini di un libro che, come ogni buon romanzo postmoderno, lancia una continua sfida, intellettuale ed emotiva, a chi legge – e dunque anche a chi traduce – e mostra pure singolare ardimento nell’avventurarsi in un’opera tanto complessa senza mai perdersi, né d’animo né letteralmente, nel labirinto della scrittura di Fran Ross, restituendo così a chi legge la coesione originaria del testo. Un romanzo, va detto, che colma un vuoto nella letteratura in traduzione del nostro Paese, poiché Oreo, pur essendo stato scritto nel 1974, era da noi ancora inedito.
La traduttrice affronta con cura i molti riferimenti, espliciti e impliciti, alla cultura afroamericana ed ebraica, dando pregnanza al retaggio concettuale della protagonista e nel contempo consentendo a chi legge di cogliere la delicata ironia dell’autrice nei confronti di temi quali l’ibridismo culturale, il femminismo e le questioni di genere.
La traduttrice rende inoltre con scoppiettante freschezza e nel contempo rigore le varietà linguistiche che si intrecciano nel romanzo di Fran Ross, il Black English e lo yiddish, e così pure i molti, divertenti neologismi e giochi di parole, muovendosi con destrezza in un tour de force linguistico, ma anche acrobatico dal punto di vista dello stile. La vulcanica inventiva dell’autrice arriva senza sforzo alle lettrici e ai lettori italofoni e la lingua della traduzione non risente dei vizi dell’antilingua tipici di molte giovani traduttrici e molti giovani traduttori. In questo modo Silvia Manzio consente a un’opera unica, che procede intrepida lungo un sentiero poco battuto, di risplendere anche in italiano nelle sue molteplici e variopinte sfaccettature letterarie, culturali e linguistiche.
– Franca Cavagnoli
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Che la letteratura contemporanea in lingua araba abbia trovato in Italia una giovane voce così matura e consapevole come quella di Cristina Dozio è per la giuria un grande motivo di soddisfazione.
Per gettare ponti con altre culture e in particolare per rivolgere lo sguardo a quell’altra sponda del Mediterraneo così vicina storicamente e geograficamente a noi, eppure così distante – per una sorta di riprovevole impermeabilità del nostro orizzonte culturale – non è sufficiente tradurre e pubblicare. Occorre tradurre e pubblicare con la stessa cura e lo stesso rigore con cui si traducono e si pubblicano le grandi lingue “vicine” che dominano il nostro mercato editoriale – penso all’inglese, certo, e al francese, al tedesco e allo spagnolo.
Questa cura e questo rigore la giuria li ha rilevati nel lavoro di Dozio.
Alle prese con un bel romanzo che racconta gli “anni di piombo” della recente storia marocchina, Cristina Dozio ci ha dato un testo dove il traduttore c’è, una voce forte e insieme ricca di sfumature, salda e sicura dei propri mezzi, capace orchestrare tutti i registri della lingua italiana e lavorare in maniera coraggiosa e consapevole sulla sintassi per restituire la lingua parlata.
La strada lunga che devono percorrere i traduttori delle cosiddette “lingue lontane”, Cristina Dozio la misura con un passo saldo e il fiato di una grande camminatrice, scansando le insidie tanto frequenti della normalizzazione e di quella “antilingua” asfittica e traballante che costituisce il rischio più frequente in cui talora incorrono i traduttori alle prime armi.
– Yasmina Mélaouah
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Io vi parlerò del 47° libro esaminato, La parte inventata di Rodrigo Fresán, scrittore argentino che è stato definito l’erede di Borges, tradotto da Giulia Zavagna e pubblicato da LiberAria.
La parte inventata è un romanzo-mondo di settecento pagine che, come scrive Vanni Santoni, è «un vero e proprio manifesto del romanzo contemporaneo […], un monumento capace di inglobare ogni cosa». La scrittura di Fresán mischia infatti vari generi, dalla tradizione argentina al canone europeo, dal postmoderno alla metaletteratura, fino ad arrivare al biji, che è un genere della letteratura classica cinese, una sorta di «libro di appunti» che ospita aneddoti curiosi, pensieri sparsi, note su altri testi, in sintesi qualsiasi cosa l’autore desideri. Lo stile di Fresán è magnifico, ricchissimo, funambolico. Del resto Fresán sostiene, citando Nabokov, che la vera biografia di uno scrittore non passa da dove è nato o dalla vita che ha fatto, con chi si è sposato, i libri che ha scritto, ma dalla storia del suo stile.
Da quanto detto chiunque può facilmente immaginare quanto fosse difficile tradurre La parte inventata. Come l’ha tradotto Giulia Zavagna?
Ada Vigliani scriveva in una mail del 3 giugno scorso indirizzata a tutta la giuria: Mi sono immersa nella lettura de La parte inventata di Rodrigo Fresán, tradotto da Giulia Zavagna, e sarei andata avanti a leggere fino in fondo, se i miei occhi non mi avessero ricordato che settecento pagine sono affrontabili da me solo su carta. Chiederò il volume. Mi piace l’autore e mi piace la traduzione. C’è ritmo, proprietà di linguaggio, fermezza di scrittura, senti aderenza allo scrittore, a ciò che lui vuol dire.
Yasmina Mélaouah di lì a poco confermava: Ho guardato il romanzo tradotto da Giulia Zavagna. È un bel testo, una lingua potente e un ritmo trascinante – un originale serio, insomma, rispetto a certe cose un po’ inconsistenti che abbiamo visto passare – e Zavagna fa proprio un buon lavoro. È cresciuta, rispetto alle traduzioni che avevamo visto due anni fa, tiene la penna con sicurezza, ha un bel senso del ritmo e merita di figurare tra i finalisti.
Franca Cavagnoli ribadiva: Il libro di Rodrigo Fresán è una gioiosa festa mobilissima attraverso un secolo di modernismo e postmodernismo che mi ha rallegrato il sabato mattina… Uno splendore di libro e anche a me la traduzione di Zavagna piace e alla prima occasione – dopo la premiazione – mi complimenterò personalmente con lei.
Io, arrivata ultima, non potevo che confermare i pareri positivi del resto della giuria. Se Giulia Zavagna aveva un difetto era il suo essere troppo avanti, già troppo addentro il mondo editoriale per un premio che ha come scopo precipuo quello di aiutare giovani sconosciuti che stentano a farsi strada. A lei va tutta la nostra ammirazione per la bellissima traduzione di questo bellissimo romanzo e per la professionalità che ha saputo costruirsi in così verde età.
– Ilide Carmignani
The Babel-Laboratorio Formentini Prize 2020 has been awarded to Silvia Manzio for the translation of Fran Ross’ Oreo (SUR, 2020). Congratulations to Silvia and her fellow finalists: Cristina Dozio for Ogni volta che prendo il volo by Youssef Fadel (Brioschi, 2019), and Giulia Zavagna for La parte inventata by Rodrigo Fresán (LiberAria, 2019).
The Babel-Laboratorio Formentini Prize, awarded every two years to a young literary translator into Italian worthy of attention, has a budget of 3,000 euros + a residence at the Translation House Looren.
The call for the next edition (2022) will be announced on the Babel Festival website and social media.
Go to the Prize webpage >>
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